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  • Nicoletta Fagiolo

Il caso Laurent Gbagbo e il diritto alla differenza


Dal Novembre del 2011 Laurent Gbagbo, ex Presidente della Costa d’Avorio, si trova alla Corte Penale Internazionale dell’Aia accusato di essere stato il co-autore indiretto di gravi crimini umanitari durante la crisi post-elettorale del suo paese. Ma sono in molti a interrogarsi sul perché e sulla legittimità di queste accuse. Per tanti è infatti l’avversario politico di Gbagbo alle presidenziali del 2010, Alassane Ouattara, che dovrebbe prenderne il posto all’Aia, assieme a Guillaume Soro, l’attuale Presidente dell’Assemblea Nazionale, alla testa della ribellione del 2002 che divise il paese in due. Perché non viene avviato un processo per i gravi crimini commessi dai movimenti ribelli – che attaccarono la Costa d’Avorio nel 2002 – nelle regioni Centro-Nord-Ovest (CNO) che rimasero sotto il loro controllo? Un grande movimento di resistenza è nato a livello internazionale per reclamare verità e giustizia su questa rocambolesca vicenda.

Rocambolesca perché Alassane Ouattara fu dichiarato vincitore delle elezioni il 2 dicembre del 2010 da Youssouf Bakayoko, il Capo della Commissione Elettorale Indipendente (CEI), a cui spetta, secondo la costituzione Ivoriana, dichiarare solo i risultati provvisori. Anche il luogo in cui questo annuncio è avvenuto è strano: la vittoria di Ouattara è stata dichiarata in un aula dell’albergo Hotel du Golf, che fungeva da quartier generale di Ouattara per la sua campagna elettorale, in assenza, e dunque senza l’avallo del Consiglio Costituzionale, a cui spetta, sempre secondo la costituzione Ivoriana, dichiarare il risultato finale delle elezioni. Inoltre, Youssouf Bakayoko si presentò solo, senza la presenza dei suoi colleghi della CEI, che invece quel 2 dicembre lo stavano aspettando nella loro sede, proprio per arrivare a un consenso sui risultati provvisori da dichiarare. I risultati provvisori, non approvati dall’insieme dei membri della CEI e senza la presenza dei rappresentati dei rispettivi candidati, furono dichiarati risultati definitivi.

Rimane dunque ancora un mistero chi abbia realmente vinto le elezioni al secondo turno del 28 novembre 2010 che vide opporsi lo storico, socialista e padre fondatore del multipartitismo in Costa d’Avorio Laurent Gbagbo ad Alassane Ouattara, che fu Primo ministro sotto il regime dittatoriale di Félix Houphouët-Boigny dal 1990-93 e poi perseguì una carriera diplomatica internazionale presso la Banca Centrale degli Stati dell’Africa dell’Ovest (BECEAO) e il Fondo Monetario Internazionale.

Thabo Mbeki, ex Presidente del Sud Africa, che ebbe un ruolo rilevante come mediatore sin dagli inizi della crisi nel 2004, in visita dal 5 al 7 dicembre del 2010 conclude nel suo rapporto che queste elezioni non si potevano considerare valide. Nell’articolo Cosa il mondo ha sbagliato sulla Costa d’Avorio, egli ricorda come l’ambasciatrice degli Stati Uniti ad Abidjan, Wanda L. Nesbitt, avesse avvertito il suo governo già nel 2009 che senza alcuni requisiti essenziali – la riunificazione fiscale e territoriale del paese, il ritorno dell’amministrazione nazionale nel nord, e soprattutto il disarmo totale della ribellione, le Forces Nouvelles, impiantata nel nord dal 2002 – non sarebbe stato possibile tenere elezioni democratiche. Questo disarmo (unica richiesta fatta alla ribellione e ribadita in ben otto accordi di pace sin dal 2003, non fu mai rispettata dalle Force Nouvelles) oggi ancora non attuato, è alla base del clima di forte insicurezza in cui il paese vive.[1]

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